Mariko Mori e la sua spiritualità tecnologica
Immaginate un piccolo padiglione di un bianco lattiginoso e opalescente, dall’architettura del tutto simile a quella tradizionale buddhista giapponese, ma costruito con materiali innovativi e tecnologicamente avanzati. Il suolo che lo circonda è ricoperto di sale e particelle riflettenti che diffondono la luce irreale che si irradia dal suo interno. La struttura è immersa in un luogo mistico e allo stesso tempo futuristico, in un’atmosfera diafana e impalpabile, che invita all’introspezione. Quello che vi abbiamo descritto è il Dream Temple, una replica avveniristica dello Yumedono 夢殿 (“Sala dei sogni”) del complesso del tempio Hōryūji 法隆寺 vicino a Nara, costruito nel 729 per mitigare lo spirito del principe Shōtoku Taishi 聖徳太子 (574-622). Si tratta dell’elemento centrale di un percorso artistico e spirituale, a cui si arriva dopo aver attraversato altri due luoghi dai nomi evocativi: il “Giardino di Purificazione” e lo “Spazio di Meditazione”. A ideare questa esperienza onirica nel 1998 è stata Mariko Mori 万里子森, artista innovativa e visionaria, famosa per intrecciare nelle sue opere scienza, spiritualità, tradizione e natura. Ed è proprio di questa donna eccezionale e della sua arte che vorremmo parlarvi in questo articolo.
Gli esordi degli anni Novanta
Mariko Mori è nata a Tōkyō nel 1967. I suoi genitori erano un inventore e una storica dell’arte occidentale. Ha iniziato i suoi studi nel campo della moda alla Bunka Fukuso Gakuin 文化服装学院, per poi trasferirsi a Londra e a New York negli anni ‘90 per studiare in prestigiosi programmi, come quello del Whitney Museum of American Art. Ha iniziato a esplorare la sua creatività negli anni ‘80, mentre lavorava come modella durante gli studi. Disegnava i set e i costumi in cui veniva poi fotografata e iniziava a sperimentare e divertirsi con le possibilità estetiche che Tōkyō offriva in quegli anni pieni pieni di innovazioni tecnologiche e anime colorati. La prima vera e propria serie fotografica che si discosta dal mondo della moda e entra a pieno titolo in quello dell’arte risale però al 1994, una volta tornata dal suo soggiorno all’estero: ispirandosi ai cosplayer, la cultura popolare e la vita notturna della metropoli giapponese, Mori si ritrae nelle strade e nella metropolitana come una creatura aliena o cyborg, vestita da cantante, da idol アイドル o da hostess, una sorta di moderna geisha. In opere come Birth of a star スター誕生 del 1995 e Tea ceremony ティー・セレモニー del 1994 impersona così i ruoli che nella società giapponese erano considerati leciti per una giovane donna, ma in una versione soprannaturale, che spiazza i passanti ignari: una metafora del travestimento che la donna giapponese doveva indossare per essere accettata nella sua vita quotidiana. Negli anni a seguire Mori abbandonerà quasi completamente la sua vena sovversiva, ma questi esordi rimangono un passo importante verso la sua notorietà internazionale. Nei decenni seguenti, i quattro elementi tipici della sua arte emergeranno e prenderanno forma nei suoi lavori: ecco allora alcuni esempi della sua stravagante creatività.
La tradizione giapponese
Nonostante oggi Mori si consideri un’artista internazionale più che giapponese (Video di Bloomberg), con studi a New York e Londra e opere nei maggiori musei mondiali, all’inizio della sua carriera si sentiva ancora fortemente legata alla tradizione shintoista e buddhista del suo paese di origine. Tea capsule ティーカプセル del 2003 è un set per la cerimonia del tè contenuto in una capsula opalescente. Troviamo ciotole, contenitori per i dolci e il frustino 茶筅 per miscelare la polvere di tè, oggetti utilizzati nella tradizionale cerimonia Cha no yu 茶の湯. La loro forma e il loro colore, però, sono ben diversi: invece di scatole quadrate in legno laccato, sono capsule e contenitori cilindrici semitrasparenti. I materiali utilizzati sono bambù e seta, come da tradizione, ma anche resina e vetro. Per questo l’aspetto degli utensili è futuristico e etereo, quasi fossero fatti di un materiale extraterrestre. Mori ha raccolto un elemento fondamentale dello zen giapponese e gli ha dato un sapore fantascientifico, nel tentativo di astrarre il rito dalla sua provenienza nazionale e elevandolo a usanza universale. Riesce a rimescolare l’hi-tech e la tradizione, pratica comune nel Giappone anni ‘80, in un modo però inedito. Sembra che abbia tentato di immaginare come sarà un kit per la cerimonia del tè nel futuro.
Mariko Mori e i suoi alieni @MarkHoekstra
Il video Pure Land del 1996-97 è ricco di riferimenti all’iconografia buddhista. Mori è fotografata nei panni di una divinità che fluttua su un mare surreale, circondata da piccoli alieni trasportati da nuvolette colorate. Sembra un buddha che scende dalla Terra Pura, cioè il paradiso buddhista, insieme al suo corteo di bodhisattva che suonano vari strumenti. I bodhisattva nella religione buddhista sono esseri che aiutano i fedeli nell’illuminazione e accompagnano Buddha, ma in questo caso prendono invece le sembianze di piccoli alieni colorati. Mori somiglia anche alla bellissima dea Kichijōten o Kisshōten 吉祥天, dalle vesti fluenti. Nonostante i numerosi riferimenti alla religione tradizionale, più che una scena sacra questo sembra un fermo-immagine di uno psichedelico film di fantascienza. Dopo la sua consacrazione internazionale alla Biennale di Venezia nel 1997, con un’opera molto simile a Pure Land chiamata Nirvana, la Mori si cimenta in nuove espressioni e trascura momentaneamente la religione.
La scienza al servizio dell’arte
Mori è affascinata dalle scoperte scientifiche recenti, in particolare astronomiche, tanto da volerle utilizzare per esprimere sensazioni spirituali. Tom Na H-iu II sembra un obelisco avveniristico, dalla forma ovoidale, come molte altre opere della Mori, e semitrasparente. Non si tratta, però, di una semplice scultura: al suo interno sembrano nuotare sfere luminose di vari colori, che a turno emergono e si avvicinano alla superficie per poi scomparire di nuovo. Il loro movimento è determinato dai dati ricevuti dall’osservatorio di neutrinii Super-Kamiokande スーパーカミオカンデ vicino alla città di Hida 飛騨市. Ogni volta che un neutrino viene emesso dalla supernova di una stella e viene rilevato dall’osservatorio, un segnale viene mandato all’obelisco, in qualunque museo si trovi in quel momento, e una corrispondente globo di luce inizia a muoversi al suo interno. Il nome Tom Na H-iu deriva dal luogo incorporeo in cui, secondo i Celti, le anime passavano del tempo prima di trasmigrare nell’aldilà. Per Mori, quest’opera ci permette di sentirci parte dell’universo e delle sue trasformazioni, creando una sensazione di comunione tra neutrini, stelle, anime e il suo osservatore. La scienza nelle mani di Mori non è opposta alla spiritualità, ma gli è complementare.
La natura e la connessione con gli esseri umani
Nel 2010 Mori ha fondato la Faou Foundation, che si prefigge di disegnare e realizzare installazioni artistiche in ogni continente, per incoraggiare l’interazione tra la natura e gli abitanti di un certo luogo. Nel 2001 è stata inaugurata Primal Rhythm in una baia della costa dell’isola di Miyako 宮古島 nelle Okinawa 沖縄. L’installazione comprende un Pilastro Solare e una Pietra Lunare. Il primo è una colonna trasclucida sulla cima di uno scoglio al largo della baia, posizionata in modo che proietti un’ombra ogni solstizio d’inverno. La luce che il sole emette in questi particolari momenti era anticamente ritenuta simbolo di rinascita. La seconda è una sfera che cambia colore a seconda delle maree. Il particolare rapporto dell’installazione con i ritmi della natura vuole coinvolgere la popolazione locale e renderla partecipe e consapevole della meravigliosa natura che li circonda. L’intera installazione è una preghiera per la pace di ogni essere vivente ed è costruita per enfatizzare i ritmi primordiali della Terra. La creazione di Primal Rhythm ha assunto un’importanza maggiore per Mori alla luce del grande terremoto del Tōhoku 東北nel 2011: “Ero in stato di shock quando c’è stato il terremoto. (…) Con Primal Rhythm ho voluto creare un simbolo di armonia tra natura e società. Ho voluto mostrare che nelle epoche preistoriche, tutti gli uomini avevano rispetto per la natura e vivevano in essa. In qualche modo abbiamo perso l’equilibrio, e siamo ora in una posizione che ha creato una torre di Babele. Ci dobbiamo quindi fermare e pensare bene a come possiamo rispettare la natura.” (Da Bullet Magazine, Agosto 2011)
Una religione personale
La Mori ha sempre incoraggiato il desiderio di coltivare la propria spiritualità, soprattutto quella buddhista. Già alla fine degli anni ‘90 tra i suoi lavori compaiono capsule e stanze disegnate per condizionare i visitatori a meditare, come se dovessero raggiungere l’illuminazione o satori 悟り. Tra queste l’Enlightenment Capsule, la capsula dell’illuminazione, e Wave Ufo, una navicella spaziale in cui si è invitati a meditare, con l’aiuto di un’atmosfera e un accompagnamento musicale appropriato. La Mori sembra credere che la religione del futuro arrivi dallo spazio e dagli extraterrestri, creature spiritualmente superiori e più vicine al divino: U.F.O. e simpatici alieni compaiono costantemente nelle sue opere.
Anche i riti primitivi giapponesi, già praticati prima dell’avvento del buddhismo nel V secolo, hanno una forte influenza su di lei. L’artista ha dichiarato in un’intervista a Ocula: “Ho visitato un’isola a Okinawa dove le persone fanno ancora cerimonie primitive. Sono rituali che risalgono al XIII secolo, non così formalizzati, ma comunque in onore della natura. Questo mi ha ispirato molto, il modo in cui onorano la natura e come compiono il loro riti, che non hanno niente di bello e formale. E’ natura pura.” (Intervista del 4 febbraio 2014 in Ocula ) Da queste riflessioni nascono le sue performance più recenti, come Pearl for Oneness del 2013, in cui imita movimenti e atteggiamenti di una sacerdotessa vestita di bianco, utilizzando artefatti e gesti delle mani e del corpo che ricordano quelli dei riti giapponesi più antichi. Cerca di diventare una sciamana dei giorni nostri, che dà vita a una sua personale religione, in cui si coltiva il proprio rapporto con la natura e con la propria spiritualità.
In realtà, questi aspetti della creatività della Mori si rincorrono e compenetrano in quasi tutti i suoi lavori. Con il suo atelier e collaboratori esperti in vari ambiti riesce a ottenere espressioni efficaci unendo tecnologia, misticismo, ecologia e tradizione.
Mariko Mori è un esempio di come la creatività può parlare di molti aspetti della vita contemporanea, onorando il debito ai costumi e credenze giapponesi, ma aprendosi al mondo e all’universalità di alcune idee trascendentali e scientifiche.
Fonti
FEEDBACK GENERICO
Nel complesso è davvero un buon lavoro, curato e approfondito al punto giusto! I miei complimenti, non credo di aver critiche da farti, ad eccezione del primo paragrafo, come ti ho spiegato nel relativo commento ^^
Hai ben separato gli argomenti in blocchi, basati sui concetti alla base della filosofia di questa artista, e il tutto scorre bene, senza risultare pesante 🙂
Una volta che avrai modificato l’introduzione, posso già affidarti alle cure di un correttore! ^^